Fazio, uno scaldalo lungo cinque mesi

19 Dic 2005

ROMA – Il 12 luglio la sua firma sull’autorizzazione alle offerte della Bpi su Antonveneta, il 13 dicembre l’arresto di Fiorani, il 19 dicembre le dimissioni. Passando il 29 settembre per la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Roma e il 15 dicembre per le indiscrezioni su quello firmato dalla Procura di Milano. UNO SCANDALO LUNGO CINQUE MESI – In cinque mesi si consuma lo scandalo che mette fine alla stagione di Antonio Fazioal timone della Banca d’Italia. Dopo una lunga estate, movimentata dalle intercettazioni telefoniche pubblicate da tutti i quotidiani e dalle richieste di dimissioni piovute sulla sua testa, smette i panni autorevoli di arbitro nelle partite finanziarie per indossare quelli scomodi dell’indagato. IL LAVORO DELLE PROCURE – A cambiare le carte in tavola è l’azione di due Procure. Prima quella di Milano, che toglie il coperchio sulla spericolata avventura finanziaria di Fiorani alla conquista di Antonveneta e mette a nudo i rapporti stretti tra il finanziere e il Governatore, poi quella di Roma, che lo mette nel mirino per abuso in atti d’ufficio e ricostruisce tutti i controversi passaggi autorizzativi dell’operazione. In cinque mesi, sostengono i suoi detrattori, la credibilità del Governatore e quella della banca centrale, raggiungono il minimo storico. E tutto nasce dal via libera concesso all’operazione lanciata dalla Bpi su Antonveneta. Quando la Procura di Milano è già al lavoro sulle tracce lasciate dalla scalata della Popolare di Lodi e la Consob ha già riscontrato l’azione di concerto e imposto l’opa obbligatoria alla banca di Fiorani e ai suoi soci, Antonio Fazio concede il suo benestare nonostante il parere contrario della Vigilanza e dell’ufficio legale di Bankitalia che riscontrano le insufficienti garanzie patrimoniali della Lodi, ma forte dei pareri di tre consulenti esterni.

LA TELEFONATA – È la notte fra l’11 e il 12 luglio quando il Governatore annuncia a Fiorani di aver messo la propria firma sull’autorizzazione all’opa Bpi. Una telefonata in piena notte che passerà alla storia e che apre il fuoco delle polemiche sull’operato di Antonio Fazio. Una conversazione che fa il giro del mondo e che sembra svelare una sorta «complicità» tra i due nella gestione dei delicati rapporti fra controllore e controllato. Dal 24 giugno l’utenza di Fiorani è intercettata nel quadro delle indagini condotte dalla Procura di Milano per i reati di aggiotaggio e insider trading nella vicenda Antonveneta. La Guardia di Finanza passa al setaccio 24 ore su 24 tutti i contatti del numero uno della Bpi. Tra questi, quelli frequenti con il Governatore e la sua famiglia. Così lo scambio di battute tra il Governatore e il banchiere diventano titoli da prima pagina, per i quotidiani italiani e per la stampa internazionale. «Vabbene, ho appena messo la firma», comunica Fazio a Fiorani. E la replica dell’allora numero uno della Lodi sarà sulla bocca di tutti per l’intera estate: «Tonino, io sono commosso, io ti ringrazio… ti ringrazio… ho la pelle d’oca… io guarda Tonino ti darei un bacio sulla fronte ma non posso farlo … so quanto hai sofferto, ho sofferto anch’io con la struttura, con i miei legali e prenderei l’aereo e verrei da te in questo momento se potessi». LA PUBBLICAZIONE DELLE INTERCETTAZIONI – Da quando vengono pubblicate le intercettazioni, è il 26 luglio, iniziano a rincorrersi indiscrezioni sulle dimissioni del Governatore, accompagnate dalle richieste di fare un passo indietro che arrivano da esponenti del Governo, dal mondo della politica, dell’impresa e del lavoro.

E ogni dichiarazione, così come ogni sviluppo giudiziario, amplifica i toni delle polemiche. L’AZIONE DEL GIP FORLEO – Il 2 agosto arriva la clamorosa decisione del Gip di Milano, Clementina Forleo, che convalida il sequestro delle azioni di Bpi e alleati nella scalata Antonveneta e interdice dalle loro funzioni Gianpiero Fiorani, Emilio Gnutti e Stefano Ricucci. La Procura di Milano, di fatto, ribalta la tesi avallata fino ad allora dalla Banca d’Italia: la Popolare Italiana non aveva i requisiti patrimoniali per lanciarsi alla conquista di Antonveneta. Il clima si fa sempre più pesante, fino alla riunone del Cicr del 26 agosto, in cui Fazio si difende sul piano strettamente tecnico: la Banca d’Italia, rivendica davanti ai ministri «ha osservato scrupolosamente» le norme. Nessuna discriminazione, quindi, come il Tar del Lazio «ha pienamente riconosciuto». Una linea difensiva che il Governatore non abbandona più. Non lo fa dopo la richiesta esplicita di dimissioni costata la poltrona a Siniscalco e non fa dopo le parole di sfiducia pronuunciate dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. LO STRAPPO DI WASHINGTON – Dopo lo sgarbo di Washington del neo ministro Tremonti, che non lo delega a rappresentare l’Italia alla riunione della Banca mondiale, e dopo la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Roma, il Governatore incassa comunque la fiducia del Consiglio Superiore di Banca d’Italia, e ripropone con fermezza la propria tesi, quella di aver operato «nel pieno rispetto della legge».

Una tesi che Fazio oppone a tutti i reiterati inviti a dimettersi, in nome del senso di responsabilitá verso l’istituzione che rappresenta e verso un Paese che rischia la propria credibilitá. Una pressione che poi perde di intensità di fronte alle limitatissime possibilità di incidere da parte di Governo, Parlamento e Presidenza della Repubblica, su una revoca che non può essere imposta. LA SVOLTA GIUDIZIARIA E LE DIMISSIONI – A riportare il Governatore al centro dell’attenzione è la svolta giudiziaria della Procura di Milano che il 13 dicembre porta in carcere l’ex ad della Banca Popolare Italiana, Gianpiero Fiorani. Nell’ordinanza firmata dal Gip, Clementina Forleo, si parla di una «rete di complicità» che ha riguardato «soggetti esterni e anche istituzionali». Il riferimento, è scritto, è a chi per anni, nonostante gli esposti di associazioni di consumatori e privati cittadini, «è rimasto inerte, tradendo numerosissimi piccoli risparmiatori, continuando pervicacemente a difendere l’istituto in questione anche nell’ultima clamorosa vicenda, quella relativa alla “scalata Antonveneta”». Infine, le dimissioni del Governatore.

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