Sviluppo economico, diritto al lavoro, piena occupazione

21 Nov 2005

Prima di entrare nel merito di ricette o analisi di natura economica, occorre prendere atto di una realtà fondamentale del nostro tempo: la finanziarizzazione dell’economia; l’economia e di conseguenza le politiche economiche finiscono per sottostare ai mercati finanziari.In funzione di questo e di altre situazioni congiunturali macroeconomiche, un prossimo governo di centrosinistra avrebbe avuto bisogno che il governo di centrodestra avesse attuato autentiche politiche economiche di destra.Ci ritrovremo comunque a fronteggiare situazioni pesanti, per primo un debito pubblico enorme; questo determina tra l’altro la necessità di dover indirizzare circa il 5% del pil alla remunerazione della spesa per interessi dello stesso, drenando così una quantità considerevole delle risorse prodotte al paese in una direzione infruttuosa. E’ forse questo un buon modo di utilizzare ciò che proviene dall’imposizione fiscale dei cittadini?L’Italia è un paese che invecchia, oltre già ad essere uno dei più vecchi del mondo; ricordiamoci che il fattore demografico incide in maniera pesante sulla composizione della spesa pubblica. Fino ad oggi la nostra spesa sociale ha favorito le classi più anziane rispetto a quelle giovanili. Pensiamo intanto che la nostra classe politica è tra le più vecchie d’Europa, che l’età media dell’azionista proprietario nella PMI in Italia è di 61 anni (il giovane è portato a rischiare,il vecchio meno…).Altro grave fattore che dovrà essere considerato è il basso livello d’istruzione della nostra popolazione attiva (quella compresa tra i 25 ed i 54 anni), dove solo il 10% ha un livello di educazione di terzo grado (universitario o equiparato), contro una media del 20% nei paesi dell’area euro.L’Italia è anche un paese di “corporazioni”che difendono tenacemente i propri privilegi ed erigono enormi barriere d’ingresso (gli ordini professionali, gli albi…).

Da questo derivano due importanti elementi:1 Un costo elevatissimo ed un’inefficenza delle infrastrutture immateriali del paese (fattore ugualmente importante rispetto alle infrastrutture materiali); esempio, l’inefficenza del sistema giudiziario,la difficoltà o meno ad avviare un’attività o un’impresa etc.2 Una divisione netta tra insider e outsider (chi sta fuori dalla corporazione è debole e trascurato). Fra l’altro le corporazioni godono di forti protezioni politiche,molto trasversali.Abbiamo un sistema produttivo debole, che si è ulteriormente indebolito soprattutto negli ultimi anni, una scarsa mobilità proprietaria; tutto questo,conseguente anche ad una debolezza quasi congenita, ha determinato una incapacità di adattamento a mutamenti epocali (ricorda un po’ le crisi dei sistemi economici protoindustriali, prima quello italiano del Rinascimento a scapito di quelli del centro e nord Europa e successivamente di quest’ultimi nei confronti di quello anglosassone ed americano).I due mutamenti economici “epocali” sono l’avvento della centralità delle cosiddette attività ITC (information, communication, technology) e la comparsa di nuovi attori sulla scena economica globale, le economie asiatiche.Di fronte a queste sfide l’economia italiana si è letteralmente fermata e questo ha determinato anche un brusco crollo del tasso di partecipazione al lavoro (qusto indica la percentuale della popolazione attiva – in età lavorativa – che lavora o che dichiara di voler lavorare); si è passato ad un valore di circa il 52%, contro una media dei paesi dell’area euro di circa il 65%.Dobbiamo anche ragionare se equità sociale ed efficienza del sistema sono antitetici.Vediamo un po’ anche come altri paesi europei hanno cercato di trovare risposte.

I modelli che si contrappongono sono: a) quello anglosassone e quello europeo/continentaleb) quello anglosassone esprime una maggiore efficienza e minore equità c) quello italiano che non produce efficienza tantomeno equità d) quello franco tedesco che si caratterizza per una buona efficienza a scapito dell’equità e) quello scandinavo (danese,finlandese e svedese) che a fronte di elevati livelli di tassazione offre equità ed efficienza.Questo modello scandinavo non è comunque il vecchio modello nordeuropeo dei primi anni del dopoguerra, poiché sono intervenute, a partire dalla fine degli anni ’80 in poi, importanti ed incisive riforme, mantenendo comunque il must dell’equità.
Domandiamoci a questo punto se è possibile in Irtalia una cura “Tatcher” di sinistra: in sostanza dare efficienza mantenendo equità.Dobbiamo prima però percorrere tre strade:1 manutenzione del bilancio pubblico2 riavvio della crescita economica interna3 ristrutturazione dell’welfere.
Questi tre elementi devono essere affrontati tutti contemporaneamente perché intimamente interconnessi in positivo e negativo.Questo farà sicuramente “strillare qualcuno”…Punto1. E’ chiaro che la pressione fiscale non potrà essere diminuita (nemmeno aumentata). Si renderà necessario intervenire sulla spesa con tagli verso fonti di spesa che rappresentino inefficienze (meglio tagliare in modo oculato piuttosto che apportare tagli indiscriminati: esempio dei 13 enti lirici in Italia). Sarà anche importante restituire autonomia impositiva agli enti locali.Punto 2.


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