Una nuova Italia

15 Ott 2005

Ho cercato di immaginare la nuova Italia, l’Italia che avremo se la legge elettorale sarà definitivamente approvata. E ne ho tratto alcune conseguenze che forse non sono state ancora sottolineate dai primi commenti. Il punto finale della riflessione è che avremo un Paese ancora più distante dalla politica di quanto non lo sia stato in questi anni, un crescente grado di indifferenza alla politica, un grave distacco del cittadino dalla cosa pubblica. Avremo, cioè, meno democrazia.Cercherò di spiegare i motivi senza entrare nel dibattito sul metodo con il quale viene imposta questa grave riforma.Mi pare evidente la tanto citata e poco amata volontà popolare subisce un colpo molto forte. Nella prima repubblica, prima del maggioritario, c’era pur sempre una forte dialettica interna ai partiti che costruivano le liste, c’era la possibilità di votare secondo un certo numero di preferenze. Queste ultime, si diceva, erano fonte di traffici e accordi poco trasparenti, è vero. Però ora si passa alla situazione in cui la scelta è assolutamente impedita. Si dà un solo voto e con quello si “elegge”: una lista di persone scelte dai partiti, un partito, un leader della coalizione che farà il premier e un programma. Ho messo le virgolette al verbo eleggere perché in realtà non si elegge un bel niente, si accoglie semplicemente la volontà del partito prescelto. Tutto il resto è imposto: candidati, programma e leader. E questo è tanto certo che negli ultimi giorni Berlusconi e i suoi hanno sempre parlato di candidati “designati” o candidati “nominati”.

Anche al tempo del vecchio proporzionale, si potrebbe oibiettare, le cose andavano così, nel senso che erano i partiti a scegliere. Ebbene: io difendo da sempre il ruolo del partito nel momento della scelta dei suoi parlamentari. Ma vogliamo dire che una volta i partiti rappresentavano molto di più la società che li esprimeva di quanto non lo facciano oggi? Vogliamo ricordare che il rinnovamento della politica è stato molto debole e in certi casi inesistente e che per lunghi anni la società si è sentita rappresentare assai di più e meglio da movimenti e associazioni che non dalle segreterie?E’ dunque a mio avviso evidente che il potere di scelta dell’elettore si è ridotto a un mero atto di controfirma per un’assemblea che rappresenta assai più il leader della coalizione che non il popolo italiano.E qui c’è una seconda riflessione, legata strettamente alla prima. Il Parlamento che viene così nominato o “eletto”, nella strategia di Berlusconi non conterà assolutamente niente. Bisogna infatti ricordare che la riforma della Costituzione che sarà votata a giorni in ultima lettura ha annullato il voto di fiducia che le Camere davano al nuovo governo. Il quale avrà soltanto l’obbligo di presentarsi in Parlamento che su di esso “si esprimerà”. Non lo boccerà mai, altrimenti è previsto il ritorno alle urne.In sostanza si andrà a votare su assemblee e programmi imposti e senza alternativa (se non quella di stare di qua o di là) e soprattutto su assemblee che non conterebbero più niente sempre che passasse anche la devolution.Se questo che penso è vero, non passerà molto tempo che i cittadini si allontaneranno ancora di più dalla politica, e questa volta in maniera forse irrimediabile.

Avremo oligarchie partitiche forti, poca governabilità, come meglio di me hanno spiegato gli esperti, un sistema che premierà con il premio di maggioranza non una maggioranza vera (di almeno il 51 per cento) ma una qualunque maggioranza relativa che abbia un sol voto più di un’altra. Questa nuova Italia non verrà, mi dico seguendo il filo della speranza. Ma la ragione induce a non farsi alcuna illusione, un’Italia che non sarebbe migliore se Berlusconi scegliesse il Quirinale e a Palazzo Chigi si insediasse Il Casini che in questi giorni ci ha fatto conoscere il volto peggiore delle istituzioni.

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