Le intercettazioni – “Fazio ha già deciso: non scolterà gli ispettori”

04 Ago 2005

MILANO — Fazio arbitro istituzionale della partita su Antonveneta tra la Banca Popolare Italiana di Fiorani e gli olandesi di Abn Amro oppure giocatore pro-Fiorani? Anche a prescindere dalle rassicurazioni di Fazio a Fiorani in corso d’opera («non bisogna sbagliare una mossa adesso»), un’intercettazione del capo della Vigilanza di Banca d’Italia, Francesco Frasca, mostra che il Governatore, prima ancora di leggere le ragioni del no tecnico pronunciato da due suoi ispettori al rilascio dell’autorizzazione a Fiorani per l’Opa su Antonveneta, il 9 luglio aveva già deciso di aggirarne lo stop interno al via libera a Fiorani, che il Governatore avrebbe poi ugualmente firmato l’11 luglio e comunicato al banchiere lodigiano nell’infelice telefonata di mezzanotte. Ed è un’altra intercettazione tra Frasca («E’ un disastro») e Fazio («E’ una cosa terribile») a fotografare lo smarrimento dei due allorché la sera del 22 luglio la Consob sterilizza i diritti di voto delle azioni di Ricucci e di fatto blocca i giochi degli alleati di Fiorani nell’imminente assemblea Antonveneta. Appunto «un disastro », specie dopo che Fazio si era talmente speso da scrivere di suo pugno ai due ispettori recalcitranti a certificare la solidità patrimoniale della Bpi, contestandogli in un manoscritto di «non aver tenuto in debito conto, come invece sarebbe stato doveroso » i pareri di consulenti esterni, valorizzati proprio per aggirare l’opposizione della struttura tecnica interna.

Il parere in cassaforte Finora era già emerso che l’8 luglio gli ispettori di Bankitalia, Castaldi e Clemente, avevano protocollato e addirittura depositato in cassaforte il loro parere negativo a che via Nazionale concedesse l’autorizzazione a Fiorani. E che il giorno dopo, alle 8.59, il capo di tutta la Vigilanza, Francesco Frasca, aveva provato a fare cambiare idea a Castaldi. Frasca: «La puoi vedere questa questione della Popolare di Lodi?». Castaldi: «Senti, Francesco, il documento è stato firmato ed è definitivo… quello è un documento che va in mano ai magistrati… ognuno si firma quello che si sente di sottoscrivere».
Ora, però, un’altra telefonata e una deposizione aggiungono ulteriore luce allo scontro dentro Banca d’Italia. Sempre il 9 luglio, alle 10.45, Frasca racconta infatti a un interlocutore non identificato.
Frasca: «Gli uffici, due servizi che stanno sotto di me, a mia insaputa hanno concluso una istruttoria sulla possibile autorizzazione alla Popolare Lodi con un giudizio nettamente negativo, questa è l’istruttoria… Io adesso questo giudizio lo debbo trasmettere al Governatore, il quale mi ha già anticipato che lui vuol dissentire, adesso non le sto a dire il modo come…». Come «saltare» gli ispettori messisi di traverso? Facendo prevalere, come quasi mai successo nella storia di via Nazionale, i pareri di tre consulenti esterni, i professori Fabio Merusi, Agostino Gambino e Paolo Ferro Luzzi. Lo spiega ancora Frasca, alle 19.26 del 10 luglio, chiamando un altro interlocutore ancora da identificarsi (ma che sembra essere un funzionario di Bankitalia coinvolto nell’attività sulla Bpi).

Frasca: «Quell’istruttoria è stato un colpo basso, poi Castaldi si è rifiutato di modificarla, venerdì sera è partito per l’Aquila, quindi ieri non è stato possibile parlare con lui… e vabbeh, sai ognuno si comporta… è stata una scelta proprio non istituzionale perché, insomma, non è mai accaduto all’interno dell’istituto… il Governatore era molto inquieto su questo…. Domani mattina il Governatore mi restituirà l’appunto (quello negativo degli ispettori, ndr), più i pareri allegati di Merusi e Gambino, io dovrei chiedere un parere alla consulenza legale». Funzionario: «Eh, ma qui c’è un problema anche per noi, Francesco. Noi abbiamo già fatto un parere che vincolava, in un certo senso metteva in luce i rischi».
I dubbi dei funzionari Del resto all’interno di Banca d’Italia la spaccatura è ormai argomento quotidiano di discussione tra i vari funzionari. Come questi due altri, Longo e Stabile, parrebbe a proposito delle illusioni ottiche targate Bpi. Longo: «Questi continuano a fare ‘sti giochetti che io non capisco». Stabile: «Noi andiamo avanti per la nostra strada. Di quello che vuole fare il vecchio non ce ne frega niente».
Ma Fazio è determinato a disattendere il no dei suoi ispettori della Vigilanza. Già «il 9 luglio — riassume quanto emerge dagli atti il gip Forleo —, in concomitanza con le conversazioni intercettate, il Governatore Fazio inoltrava a Frasca breve missiva con la quale evidenziava che Clementi e Castaldi non avevano tenuto in debito conto, “come invece sarebbe stato doveroso”, il parere del professor Merusi, richiedendo a Frasca “almeno un altro parere di un autorevole giurista”».

Frasca ottiene i pareri dei professori Gambino e Ferro Luzzi (anche se poi, di fronte al pm, quest’ultimo dirà che «Banca d’Italia ha abusato» delle sue «prestazioni professionali» tacendogli informazioni «che avrebbero dovuto essere comunicate»); e, unitamente «alle osservazioni del Signor Governatore», Frasca rimanda i pareri dei prof ai due ispettori «per ulteriori riflessioni», avvertendoli con una nota a mano che «i tempi sono molto stretti, parliamone». Ma nello stesso giorno «Castaldi risponde a Frasca, confermando motivatamente le sue conclusioni »: Fiorani non ha i requisiti patrimoniali per avere l’autorizzazione di Bankitalia.
Copia e incolla al computer A questo punto a Fazio non resta che forzare la situazione. Così l’atto di autorizzazione del Governatore a Fiorani risulta essere «stato materialmente redatto da Stefano De Polis, funzionario del tutto estraneo al settore di Bankitalia che si doveva occupare della questione», eppure «preallertato sin dal martedì precedente a rimanere a disposizione per il fine settimana» come egli stesso ammette quando il pm Fusco lo convoca d’urgenza in Procura alle 8 e mezzo di sera.
«De Polis – illustra il gip – riferiva che l’atto era stato effettivamente da lui redatto dopo le ore 23 dell’11 luglio», e spiegava che «su indicazioni di Frasca aveva assemblato con il sistema informatico del copia- incolla parti della missiva che il Governatore (riprendendo il parere negativo degli ispettori) aveva inviato alla Bpi per le eventuali osservazioni, e parti dei pareri dei citati Merusi, Gambino e Ferro Luzzi.

Nonostante l’ora tarda, Frasca aveva contattato telefonicamente Merusi e Gambino, che avevano suggerito delle modifiche apportate nel documento finale». Al momento di firmare, l’ispettore «Clemente si rifiutava, Frasca non la apponeva in quanto indagato (a Roma per l’ipotesi di abuso d’ufficio dal pmToro, ndr), e dunque l’atto veniva firmato dallo stesso Governatore e da Angelo De Mattia».
La delibera della Consob Con questo grado di partecipazione alle sorti dell’operazione di Fiorani, non stupisce lo sconcerto che sabato 22 luglio pervade i vertici di Banca d’Italia allorché la Consob sanziona anche Ricucci sul rastrellamento di azioni Antonveneta. E «a seguito di tale delibera—annotano gli inquirenti — intervengono significative conversazioni ». Una proprio anche tra Frasca e Fazio. «Frasca comunica la delibera al Governatore, commentando che “è un disastro” e che verosimilmente congeleranno i diritti di voto per l’assemblea di lunedì. L’interlocutore (cioè Fazio, ndr) afferma che si tratta di una “cosa terribile”».
Ma su cosa si è incagliato tutto il lavoro «che stiamo montando» (come dice Fiorani parlando con Gnutti) per rientrare nei requisiti richiesti da Banca d’Italia alla Bpi? Nel fatto che gli ispettori si erano accorti che le pubblicizzate cessioni di quote minoritarie di società controllate o partecipate dalla banca di Fiorani, teoricamente vendute ad amici che fanno sponda (come Gnutti con la sua Earchimede) e a tre banche internazionali, erano in realtà finte cessioni, che servivano a simulare introiti tali da riequilibrare i parametri patrimoniali della banca lodigiana.

Lo illustra l’ispettore Clemente alla Procura nella sua audizione da teste: «I contratti visionati prevedevano una commissione del 7-8 per cento (altissima, ndr) per un periodo massimo di 12 mesi. Essendo il valore delmercato superiore a quello per il quale le cessioni erano avvenute, si era trattato, come poi confermato dallo stesso direttore finanziario della Bpi Gianfranco Boni (ora interdetto dalla sua carica, ndr) di un’operazione “necessitata” dall’”Offerta pubblica di acquisto e scambio” (Opas) in corso». Nella realtà, infatti, «alla fine dei 12 mesi la Bpl avrebbe esercitato l’opzione ricomprando le azioni allo stesso prezzo. Era la prima volta che capitava di vedere contratti di questo tipo (cessione-acquisto di minorities) in quanto di solito una banca acquista quote di minoranza in altre società affini o per motivi strategici o per motivi di redditività». Invece qui «il vantaggio per la Bpi era stato quello di incrementare al momento i ratios patrimoniali che appunto le occorrevano per potersi garantire l’Opas in corso».
Quando il primo luglio Bpi emette un comunicato ufficiale, Clemente constata che «non erano state indicate le commissioni» stratosferiche del 7-8 per cento, che assimilavano l’operazione a un portage. Invece le commissioni indicate erano già state versate sotto forma di acquisto del diritto di opzione ». Conclusione dell’ispettore di Bankitalia: «Si trattava, pertanto, di un portage molto ben remunerato».
Atti retrodatati Del resto, la cosmetica rappresentazione di cessioni che rimpolpassero i parametri patrimoniali della Bpi sembrerebbe aver spinto Fiorani sino a fabbricare letteralmente contratti.

E’ ad esempio il caso di quello che gli inquirenti «ascoltano» in diretta il 6 luglio mentre il banchiere ne ordina a un collaboratore il perfezionamento cartaceo.
Quando poi la Procura manderà i propri uomini in via Nazionale, «nella documentazione sequestrata presso la Banca d’Italia sarà in effetti rinvenuto tale contratto, pervenuto alla segreteria della Vigilanza in data 6 luglio 2005. Senonché il contratto riporta la data del 28 giugno, mentre dalla conversazione intercettata appare evidente che tali atti sono stati formati successivamente a tale data, e verosimilmente il 5 o lo stesso 6 luglio».

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