La Bossi-Fini deporta i rifugiati

25 Mag 2005

Il rapporto annuale di Amnesty International ItaliaRepubblica italianaCapo di Stato: Carlo Azeglio CiampiCapo del governo: Silvio BerlusconiPena di morte: abolizionista per i tutti i reatiStatuto di Roma della Corte penale internazionale: ratificatoConvenzione delle Nazioni Unite sulle donne e relativo Protocollo opzionale: ratificati
Sono giunte ulteriori denunce di uso eccessivo della forza, maltrattamenti e abusi di stampo razzista da parte di agenti delle forze dell’ordine e di custodia, insieme a segnalazioni di decessi in circostanze controverse di arrestati e reclusi. In alcune strutture, compresi centri di permanenza temporanea per stranieri, le condizioni di detenzione non hanno rispettato gli standard internazionali. Molti richiedenti asilo sono stati ostacolati nell’esercizio del loro diritto a richiedere l’asilo; alcuni potrebbero essere stati respinti verso Paesi in cui erano a rischio di violazioni dei diritti umani. I rom e alcune altre minoranze etniche hanno subito di discriminazioni in molti ambiti, tra cui le operazioni di polizia, l’alloggio e il lavoro. La violenza domestica contro le donne ha continuato ad essere assai diffusa, ma la maggioranza delle vittime non ha sporto denuncia alle autorità, atteggiamento questo che ha indotto a chiedere un maggior coordinamento degli sforzi volti a educare l’opinione pubblica sull’assistenza già disponibile per le donne e a compiere ulteriori studi in merito a questo grave fenomeno. Nonostante gli sforzi del governo per combatterla, la tratta di esseri umani, in particolare donne e minorenni, a scopo di sfruttamento sessuale e lavoro forzato, ha continuato a essere motivo di preoccupazione.
Contesto
Nel mese di settembre il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha deplorato il fatto che non si era ancora visto «alcun miglioramento stabile» da parte dell’Italia nell’affrontare l’eccessiva lunghezza dei procedimenti giudiziari.

Il Comitato ha rilevato che «la situazione è generalmente peggiorata tra il 2002 e il 2003».
È perdurata la tensione tra il governo e molta parte della magistratura che considerava le proposte di riforma del sistema giudiziario una minaccia alla propria indipendenza. Nel mese di dicembre il Relatore speciale delle Nazioni Unite sull’indipendenza di giudici e avvocati si è rivolto al presidente della Repubblica esprimendo il timore che le riforme rappresentassero «una preoccupante limitazione» dell’indipendenza della magistratura e accogliendo favorevolmente la decisione del presidente di non ratificare le riforme e di rinviare al parlamento il progetto di legge.
Iniziative legislative volte all’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano, così come ripetutamente raccomandato da vari organismi delle Nazioni Unite, hanno ancora subito ritardi e battute d’arresto.
Asilo e immigrazione
Continua a mancare una legge specifica e organica sul diritto di asilo. Un progetto di legge che, a fine anno, giaceva ancora in attesa di discussione in parlamento, si è rivelato inadeguato rispetto agli standard internazionali. La tutela dei richiedenti asilo prevista da alcune norme sull’immigrazione non ha garantito l’accesso a procedure individuali di determinazione del diritto d’asilo eque e imparziali. Sono stati espressi timori che molte persone bisognose di protezione potessero essere costrette a ritornare in Paesi in cui rischiavano di subire gravi violazioni dei diritti umani.

Eccessivi ritardi nelle procedure di determinazione, uniti all’inadeguatezza degli interventi per il soddisfacimento dei bisogni basilari dei richiedenti asilo, hanno imposto condizioni di indigenza a molte persone che erano in attesa di conoscere i risultati della domanda di asilo.
Migliaia di migranti e richiedenti asilo hanno continuato ad arrivare in barca sulle coste meridionali, mentre centinaia di altre persone sono morte nel tentativo di raggiungere il Paese. Molte di tali imbarcazioni provenivano dalla Libia. L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), AI e altre organizzazioni per i diritti dei rifugiati italiane e internazionali hanno espresso grave preoccupazione per alcuni episodi in cui non erano stati rispettati i diritti fondamentali delle persone che giungevano via mare.
*Nel mese di luglio l’ACNUR ha espresso «grave preoccupazione per la palese noncuranza nei confronti di standard riconosciuti a livello internazionale ed europeo e di elementi fondamentali delle regolari procedure» in relazione all’espulsione verso il Ghana di 25 richiedenti asilo. Essi facevano parte di un gruppo di 37 persone che, per motivi umanitari e dopo notevole ritardo, erano stati autorizzati a sbarcare da una nave appartenente a una organizzazione non governativa tedesca.
*A ottobre l’ACNUR ha espresso «grave preoccupazione» per la sorte di centinaia di persone da poco giunte dall’Africa e dal Medio Oriente sull’isola di Lampedusa, in seguito a segnalazioni secondo cui molte di esse erano state rinviate in Libia «senza un’adeguata valutazione delle loro possibili necessità di protezione internazionale».

L’Alto Commissariato ha affermato che l’impossibilità di accedere ai potenziali richiedenti asilo sia in Italia, sia in Libia, impediva all’ACNUR stesso di esercitare il proprio mandato volto ad assicurare che i rifugiati ricevano adeguata protezione. AI ha chiesto che l’accesso ai richiedenti asilo fosse immediatamente garantito. In seguito, l’ACNUR ha riferito che, solo circa cinque giorni dopo la richiesta di autorizzazione e «dopo che oltre mille persone erano già state respinte in aereo in Libia», era stato infine concesso allo stesso di entrare nel centro di permanenza temporanea di Lampedusa in cui erano stati inizialmente trattenuti i nuovi arrivati. La valutazione preliminare dell’Alto Commissariato rilevava che «l’affrettato criterio, basato sulla nazionalità, usato per selezionare le persone» non aveva «permesso a singoli individui di qualsiasi nazionalità di inoltrare domanda».
***Centri di permanenza temporanea Migliaia di cittadini stranieri privi del diritto di risiedere in Italia o sospettati di non detenere tale diritto, sono stati trattenuti in centri di permanenza temporanea in cui potevano restare fino a un massimo di 60 giorni prima dell’espulsione dal Paese in quanto clandestini o del rilascio. Molti detenuti hanno incontrato difficoltà a ottenere accesso all’assistenza legale necessaria per impugnare la legittimità della loro detenzione e degli ordini di espulsione. Alcuni detenuti che intendevano presentare domanda di asilo, apparentemente non sono stati messi in grado di accedere alla procedura di determinazione del diritto di asilo.
La tensione in tali centri è stata alta, con ripetute proteste, compresi alcuni tentativi di fuga, e alti livelli di autolesionismo.

Sono stati segnalati frequente sovraffollamento, infrastrutture non appropriate, condizioni non igieniche, alimentazione insoddisfacente e cure mediche inadeguate. Nel corso dell’anno sono state condotte varie inchieste penali in merito a presunte aggressioni fisiche di persone trattenute nei centri.
***Aggiornamenti *A gennaio, un prete cattolico che dirigeva il centro di permanenza temporanea Regina Pacis a San Foca di Melendugno, in provincia di Lecce, due medici, cinque membri del personale amministrativo e 11 carabinieri del servizio di sicurezza sono stati rinviati a giudizio per aver aggredito e insultato con epiteti razzisti alcuni detenuti del centro nel novembre 2002. A fine anno il processo era ancora in corso.
*Il procuratore della Repubblica di Bologna ha concluso un’indagine penale relativa a 11 agenti di polizia, un carabiniere e un funzionario amministrativo della Croce Rossa che gestiva il centro di permanenza temporanea di Via Mattei, accusati di essere coinvolti nell’aggressione di alcuni detenuti avvenuta nel marzo 2003. Il procuratore ha affermato che avrebbe richiesto il rinvio a giudizio per almeno quattro agenti di polizia.
Nel mese di gennaio il procuratore ha avviato un’altra indagine penale a seguito delle denunce sporte da tre ex detenuti che sostenevano di aver ricevuto, insieme ad altri detenuti e senza esserne consapevoli, somministrazioni regolari di forti sedativi. In seguito, il procuratore ha concluso che gli alimenti e le bevande prelevati nel centro e sottoposti ad analisi non avevano rivelato la presenza dei farmaci indicati nelle denunce e nei referti delle analisi del sangue a esse allegati, giudicando questi ultimi inattendibili.

Tuttavia, i rappresentanti legali dei detenuti si sono opposti a tali conclusioni e alla richiesta di archiviazione presentata al giudice per le indagini preliminari. A fine anno il giudice non aveva ancora raggiunto una decisione.
Brutalità della polizia
Le denunce di maltrattamenti compiuti da agenti delle forze dell’ordine spesso hanno riguardato rom, immigrati extracomunitari e manifestanti. Vi sono state sparatorie della polizia, alcune delle quali fatali, in circostanze controverse; in merito a tali episodi erano in corso alcune indagini penali. Alcuni agenti sono stati processati ma, in generale, le forze dell’ordine hanno goduto di notevole impunità.
*Nel mese di febbraio la Corte di Cassazione ha ribaltato il verdetto emesso da una Corte d’assise d’appello nei confronti di un agente di polizia di Napoli accusato dell’omicidio volontario del diciassettenne Mario Castellano, avvenuto nel 2000, e assolto perché il fatto non costituisce reato. Un tribunale di prima istanza aveva condannato l’agente a 10 anni di reclusione. Il ragazzo, disarmato, era alla guida di un motorino senza il casco prescritto dalla legge, quando, apparentemente, non si fermò all’ingiunzione della polizia. Venne colpito alla schiena dall’agente, che sostenne di aver sparato accidentalmente. La famiglia di Mario Castellano aveva presentato istanza di sostituzione del presidente della Corte d’appello mettendone in discussione l’imparzialità, poiché egli aveva rilasciato una dichiarazione agli organi di informazione in cui criticava la sentenza del tribunale di prima istanza.

La Corte di Cassazione ha stabilito che la motivazione con cui la Corte d’appello aveva assolto l’agente era «illogica» e ha ordinato un nuovo processo.
***Aggiornamenti: operazioni di polizia durante le manifestazioni del 2001 Tra i processi in corso ve ne sono stati alcuni relativi a operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico nell’ambito delle manifestazioni di Napoli nel marzo 2001 e di Genova nel luglio 2001 in occasione del Summit del G8.
*Nel mese di luglio 31 agenti di polizia in servizio in una caserma dei carabinieri utilizzata come struttura detentiva il giorno della manifestazione di Napoli sono stati rinviati a giudizio per accuse che andavano dal sequestro di persona alle lesioni personali e alla violenza privata: alcuni agenti sono stati incriminati anche per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. Il processo è iniziato in dicembre.
*A febbraio un giudice ha disposto l’archiviazione del procedimento nei confronti di 93 persone accusate di associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio. Gli accusati erano stati arrestati nel corso di un’irruzione notturna della polizia in un edificio occupato legalmente dal Genoa Social Forum (GSF), il principale organizzatore delle dimostrazioni di Genova. Tutti gli altri capi d’accusa originariamente attribuiti ai 93 arrestati, tra cui resistenza a pubblico ufficiale e porto abusivo d’armi, erano già stati archiviati nel 2003.
*Nel mese di dicembre, 28 agenti di polizia coinvolti nell’irruzione alla sede del GSF, tra cui alcuni funzionari di grado superiore, sono stati rinviati a giudizio per varie accuse, tra cui lesioni gravi e percosse, falsificazione e occultamento di prove e abuso d’ufficio.

Decine di altri agenti delle forze dell’ordine partecipanti all’irruzione e ritenuti coinvolti in aggressioni fisiche, a quanto pare non hanno potuto essere identificati poiché durante il raid quasi tutti avevano il volto coperto da elmetti antisommossa, maschere o sciarpe e non mostravano altri mezzi di identificazione personale. L’apertura del processo è stata fissata per il mese di aprile 2005.
*La procura della Repubblica di Genova ha chiesto il rinvio a giudizio di 12 carabinieri, 14 agenti di polizia, 16 agenti di custodia e cinque medici e infermieri carcerari in servizio, all’epoca del Summit del G8, nella struttura detentiva temporanea di Bolzaneto in cui furono condotti più di 200 arrestati. Le accuse nei loro confronti includevano abuso di autorità, minacce, aggressione, falso in atto pubblico e omissione di referto. L’esame della richiesta di rinvio a giudizio da parte del giudice per le indagini preliminari è stato fissato per il mese di gennaio 2005.
*A ottobre un agente di polizia è divenuto il primo esponente delle forze dell’ordine a essere condannato in relazione alle operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico nell’ambito delle manifestazioni contro il G8. L’agente, che ha scelto il processo secondo il rito abbreviato (che consente la riduzione di un terzo della sentenza), è stato condannato a 20 mesi di reclusione con la condizionale e al pagamento di un risarcimento per aver colpito al volto con il manganello un dimostrante di 15 anni.

Allo stesso tempo, altri cinque agenti accusati di aver preso parte all’aggressione al ragazzo e ad altri sei manifestanti, che invece avevano scelto di essere processati secondo la normale procedura, sono stati rinviati a giudizio per rispondere di accuse che includevano abuso di autorità, minacce, aggressione, calunnia e falso in atto pubblico. Il ragazzo e gli altri sei manifestanti erano inizialmente stati accusati di resistenza a pubblico ufficiale, ma il ragazzo era stato prosciolto dalle accuse, mentre i procuratori avevano già richiesto l’archiviazione del caso riguardante gli altri dimostranti.
Maltrattamenti e carenti condizioni di detenzione nelle carceri
Non è mutata la situazione di sovraffollamento cronico e insufficienza di personale nelle carceri, unita a un’alta incidenza di suicidi e atti di autolesionismo. Sono pervenute molte segnalazioni di carenza di misure sanitarie e di assistenza medica inadeguata. È stato riscontrato l’aumento di malattie infettive e problemi di salute mentale.
Nel corso dell’anno sono proseguiti un gran numero di procedimenti penali nei confronti di numerosi elementi del personale carcerario, relativi a maltrattamenti di singoli detenuti o, talvolta, di gruppi di reclusi. Alcuni processi, di cui pochi risalenti alla metà degli anni Novanta, si sono contraddistinti per gli eccessivi ritardi. Le denunce si riferivano a istituti detentivi di tutto il Paese e riguardavano abusi psicologici e fisici, compresi abusi sessuali, in alcuni casi condotti in maniera sistematica e in altri casi equivalenti a tortura.

Almeno sei procedimenti penali si riferivano a decessi di detenuti occorsi in circostanze controverse tra il 1997 e il 2004.
Rapporti e missioni di AI
Europe and Central Asia – Summary of Amnesty International’s Concerns in the Region: January-June 2004: Italy (AI Index: EUR 01/005/2004)Italy: Government must ensure access to asylum for those in need of protection (AI Index: EUR 30/001/2004)
Due rappresentanti di AI hanno compiuto una visita in Italia nel mese di ottobreIl documento completo sul sito di Amnesty

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