Ora il rito è avviato a conclusione, ma il mito è davvero infranto. 1) Berlusconi ha dovuto ammettere che la sua coalizione sta passando una fase difficile; 2) ha dovuto riconoscere che la crisi di governo può far parte della democrazia.
Ma ha anche promesso che la sua riforma della Costituzione risolverà questo increscioso problema.
Nonostante la lunga e enfatica rivendicazione della sua opera di governo, Berlusconi ha dovuto ammettere che di fatto la sua ideologia costituzionale resta per ora un progetto e che il suo carisma personale è ridimensionato da una inevitabile quanto sgradevole concessione alla collegialità della coalizione.
Su questo Fini e Follini hanno vinto e se il loro scopo, al di là di quasi impossibili cambiamenti della situazione attuale, era di ridimensionare l’immagine autoritaria e solitaria di Berlusconi ci sono riusciti.
Il lungo applauso della maggioranza al presidente del Consiglio era soprattutto il sospiro di sollievo di un Senato che non vuole andare a casa e un segno di gratitudine per un uomo che ha sacrificato tanta parte della sua sacrosanta immagine a beneficio della sua e delle loro poltrone. Non sarà facilissimo per Berlusconi far passare una riforma che toglie ogni potere politico a questa istituzione fondamentale della democrazia.
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