“Così snaturano il Csm”

16 Mar 2005

Per entrare a far parte del Consiglio superiore della magistratura non occorre una competenza specifica. Basta essere eletti dalla Camera o dal Senato federale. Secondo il testo di riforma della Costituzione in discussione a Palazzo Madama, cadono i paletti imposti dalla Carta repubblicana. Macchè professori ordinari di università in materie giuridiche, non sarà più necessario nemmeno avere alle spalle quindici anni di attività se si è avvocati. La competenza si dilegua, come sciolta nell’acido: così prevede l’articolo 36 del testo di riforma che ha incassato l’ok dei senatori.
Ora, sempre secondo il testo di riforma elaborato dai cosiddetti “saggi” di Lorenzago, passato tra il 23 ottobre e il 25 marzo dell’anno scorso al Senato e poi alla Camera dal 7 aprile al 15 ottobre del 2004, i componenti del Consiglio superiore della magistratura “sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie”, come nella Costituzione repubblicana. Poi però, continua il testo di riforma, “per un sesto dalla Camera dei deputati e per un sesto dal Senato federale della Repubblica”. L’articolo 36 che riscrive il 104 della nostra Costituzione si ferma a questo punto.
Spiega Lorenza Carlassare, docente di diritto pubblico a Padova: “Per la nostra Costituzione è il Parlamento in seduta comune che elegge un terzo dei componenti del Csm. Ma lo fa nell’ambito di una rosa ristretta di candidati che comprende i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati dopo quindici anni di servizio.

Questo testo di riforma snatura l’organo: le due camere scelgono separatamente un sesto e un sesto, senza limitazioni, a quanto sembra. Il Senato federale che tra l’altro non hanno ancora spiegato bene cosa sia, sceglie in totale autonomia, non più in seduta comune con la Camera. Il peso del senato cresce, è evidente. Ma la cosa gravissima è che siano spariti i requisiti di eleggibilità”.
Così la la scelta di Camera e Senato può ricadere anche su politici “puri”, senza alcuna competenza giuridica, con il forte rischio di vincolare il Csm al premier e al suo governo. In barba a quanto prevede il primo comma dell’articolo 104 della carta del ’48, che specifica: “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Inoltre, mentre secondo la costituzione in vigore il vicepresidente del Csm viene eletto dal Consiglio fra i componenti designati dal Parlamento, secondo il nuovo testo è nominato direttamente dal presidente della Repubblica che lo sceglierà all’interno del Consiglio.
“La competenza non piace a questo governo – commenta Cludio Castelli di Magistratura democratica – è evidente anche in questo caso: per il Csm non conterà più la competenza tecnica ma solo l’appartenenza politica”.
La giornata in Senato è stata faticosa: per due volte è macato il numero legale e le richieste di verifica, da parte dell’opposizione sono state continue. Tutti gli emendamenti presentati, come consuetudine in questo rush finale di votazione, sono stati dichiarati improponibili.

Il ministro per le riforme istituzionali Roberto Calderoli si è sempre detto contrario a qualsiasi proposta di stralcio avanzata dal centrosinistra. L’iter di queste riforme volute dalla Casa delle libertà procede a ritmi serrati a Palazzo Madama. Se il testo non viene ritoccato, non è necessaria una nuova lettura alla Camera. L’obiettivo è chiudere il passaggio entro Pasqua. “Vanno avanti come carri armati – dice Romano Prodi da Catania – senza lasciare spazio alla discussione”. Intanto, la seduta numero 764 del Senato, oltre all’articolo 36 sul Csm ha approvato senza nuove modifiche anche gli articoli 35, sulle Autorità amministrative indipendenti, 37, sui rapporti tra Stato e autonomie territoriali e su Roma capitale, per il quale lo scontro tra maggioranza e opposizione è stato particolarmente duro, e 38, sull”approvazione degli statuti speciali. E” iniziato anche l”esame degli emendamenti all”articolo 39, sulle competenze legislative di Stato e Regioni. Gli articoli 33, sui poteri del Primo ministro e dei ministri, e 34, sui reati ministeriali, non erano stati modificati dalla Camera. La Lega segna il tempo: conta di chiudere l’esame dei 53 articoli di riforma entro il 23 marzo.

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