Ulivo, prove di suicidio

10 Gen 2005

Credo che in questi giorni, in queste ore, Romano Prodi stia prendendo dentro di sé qualche solenne decisione. A giudicare dalle dichiarazioni dei politici a lui vicini e dalle interviste che egli stesso ha dato, gli spazi per i compromessi e le mediazioni della politica si sono ristretti. Certamente il primo responsabile di questa accelerazione è lo stesso Prodi, il quale è spinto dalla voglia di vederci chiaro e di evitare gli errori del ‘96. Ma più chiede di giocare a carte scoperte, più la partita sembra incarognirsi, le cose si complicano e il futuro del centro sinistra si immerge in una spessa nebbia di incertezze e timori. Quello che non è più accettabile, a mio avviso, è che si tenga conto così poco dello stato di vera e propria disperazione in cui si lascia gli elettori: sempre più preoccupati per le ambizioni autoritarie di Berlusconi, sempre più spaventati della superficialità con cui i leader politici di opposizione sembrano prendere atto della gravità della crisi istituzionale a parole, smentendo poi con i loro comportamenti qualunque senso di allarme.
Sarà capitato a più d’uno, durante queste “vacanze” di fine anno, di imbattersi in amici sconsolati, fautori di ricette sagge del tipo :occupiamoci solo di chi sta male davvero, con tutto quello che è capitato; pensiamo ad altro,questi qui ci porteranno alla sconfitta.
C’è forte di nuovo fra la gente di opposizione la voglia di rifugiarsi in uno spazio dal quale non si veda la politica, intesa come scontro quotidiano sul nulla.
Ci siamo chiesti varie volte quali siano le vere ragioni delle difficoltà.

Potrei provare ad elencarne alcune: il desiderio della maggioranza della Margherita e di parte dei Ds di mantenere forti identità e visibilità e quindi l’avversione verso una Federazione che chieda ad ognuno di conferire una parte del proprio potere al nuovo soggetto politico; il timore di dare al candidato premier non solo il potere di governo ma anche il potere politico di governare (scegliendosi da solo la squadra per Palazzo e dicendo l’ultima parola sui candidati alle politiche); la paura di dare troppo spazio alla sinistra radicale e così via. Questo tipo di timori valgono probabilmente per chiunque fosse il candidato a sfidare Berlusconi. Si sentono però poi fra le righe delle dichiarazioni ufficiali anche delle perplessità legate al candidato Prodi. Tali preoccupazioni, paradossalmente, vengono espresse soprattutto inizialmente da membri della maggioranza e sono poi raccolte da zelanti portavoci dei politici del centro sinistra. Allora, se esitazioni ci sono, bisogna ammettere che ha ragione Prodi a volere le primarie. Ed ha anche ragione a chiedere che si scoprano le carte.
In sostanza chi guida il gioco politico dovrebbe sforzarsi di capire un paio di semplici cose. Prima di tutto un candidato debole non giova a nessuno: non solo avrebbe poche chances di vincere Berlusconi, ma poi, una volta eletto, non avrebbe la possibilità di governare e Dio solo sa se questo Paese avrà bisogno di una presidenza forte, saggia e competente.
Secondo: tornare ora dall’idea di Federazione a quella di semplice alleanza elettorale può accrescere l’attuale distacco tra elettori e forze politiche che dovrebbe preoccupare queste ultime più d’ogni altra cosa.

Nella assenza di un vero ricambio del personale politico, la Federazione rimane l’unica novità in grado di rappresentare anche una speranza.
Infine, protrarre questa incertezza sulla struttura e l’organizzazione, sulle liste alle regionali e sulle primarie, sui poteri del candidato Prodi serve anche a rinviare la discussione sul programma: contenuti e valori a cui dovrà ispirarsi la campagna del 2006.
Per tre anni l’opposizione a Berlusconi ha sofferto per la lontananza fisica di colui che era indicato unanimamente come il leader. L’attesa è stata snervante per tutti. Ora Prodi è tornato ma il logorio tuttavia continua. La corda si sfilaccia sempre di più, tirata com’è in continuazione di qua e di là. O questi protagonisti della minoranza trovano la forza di dare un colpo d’ala, o rischiano di precipitare troppo in basso per sperare di risollevarsi: seguitare a scendere per l’attuale china sarebbe, diciamolo crudamente, il suicidio dell’opposizione.

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