Questo incontro è nato per una scommessa: noi oggi siamo qui a scommettere sulla permanente vitalità del nostro patrimonio costituzionale. Come ha scritto Valerio Onida, giudice della suprema corte, “scommettiamo sulla capacità del Paese di non disperderlo e di non disperdere la memoria storica che ne testimonia il valore e consente di trasmetterlo di generazione in generazione”.
Noi siamo qui oggi perché scommettiamo sul nostro sistema istituzionale, sui valori e le garanzie che esso prevede e siamo convinti che la vitalità e la modernità della Costituzione del 1948 sia assolutamente confermata dalla possibilità che essa ci offre di attuare quelle modifiche e aggiornamenti che molti ritengono necessari per il miglior funzionamento dello Stato.
Siamo qui, oggi, per dire a tutte le forze politiche in Parlamento che la Costituzione non è di destra o di sinistra, essa è ed è stata per più di sessant’anni la casa di tutti gli italiani, per dire a coloro che si opporranno a questa riforma che la società civile, il mondo del lavoro, della cultura, tutti insieme siamo decisi a sostenerli in questo impegno, decisi inoltre a tenere informati gli italiani su quanto avviene ed avverrà nelle aule del Parlamento.
Diceva Giuseppe Dossetti, che mi onoro di aver conosciuto dieci anni fa a Sariano, che esiste un patriottismo della Costituzione che si fonda su “alcuni principi ultimi non negoziabili” e proprio per questo esso può garantire “uno spazio sottratto alla negoziazione, sottratto al conflitto politico e alla contrattazione”.
Altri meglio di me ci diranno oggi perché questa riforma non funziona, perché tradisce lo spirito unitario, costruttivo, profondamente democratico da cui nacque la nostra Carta.
Diceva Norberto Bobbio che “l’essenza della democrazia è l’egualitarsimo”: è, per quanto ci riguarda, l’articolo 3 della Costituzione. Ma oggi ci chiediamo: siamo davvero certi che alla fine del processo riformatore nato a Lorenzago di Cadore, che formalmente coinvolge solo la seconda parte della Costituzione, siamo certi che ritroveremo vivi ed operanti i valori di quella eguaglianza democratica, di quella liberazione progressiva, di quella superiore giustizia che hanno fatto della carta del ’48 la casa di tutti gli italiani?No, non ne siamo affatto certi.
Perché noi pensiamo che la concezione politica, la concezione sociale ed etica che ispira la riforma Berlusconi è profondamente diversa da quella che ispirò i costituenti del’48. Cambiando la costituzione così come la si vuole cambiare si intende in realtà deviare il corso della storia della nostra Repubblica. La carta del’48 additava alla nostra storia la mèta di una democrazia realizzata nella socialità e nella libertà. I saggi di Lorenzago ci indicano quale mèta un’Italia frazionata, non distinta bensì frantumata nella sua unità, moralmente e socialmente divisa e governata in spirito autoritario.
Basta, a questo proposito, pensare a cosa significa concretamente avere una situazione in cui non è più il Parlamento che sfiducia il capo del governo, bensì il capo del governo che sfiducia il Parlamento.
Basta pensare a cosa vuol dire un sistema in cui è il voto che fa agio su tutto: chi è eletto non deve avere contrasti in Parlamento e nemmeno giudici in tribunale perché è stato eletto dal popolo.
Per questi motivi Libertà e Giustizia ha scelto di dare il suo sostegno a chi ha fatto in Parlamento la scelta netta di opporsi a questo disegno.
Il 25 febbraio scorso, con l’aiuto di Altan, (a lui la nostra gratitudine) abbiamo comprato le pagine dei maggiori quotidiani. Esse sono piombate Palazzo Madama nel mezzo della discussione sulla riforma, come un segnale che la solitudine era spezzata. Ma l’impatto più forte è stato per quegli italiani che non sapevano, non sospettavano, non erano informati e che da allora ci incalzano a fare, a parlare, a allargare tutti insieme l’area del dissenso.
Ma qui voglio dire una cosa importante ai protagonisti del mondo politico: dobbiamo riconoscere proprio alle associazioni, ai movimenti, ai girotondi il merito di aver tenuta accesa, in questi anni, la fiaccola della sensibilità costituzionale, l’amore per la nostra carta e i suoi valori. In tante città italiane, grandi e piccole, in grandi teatri e in piccole sale non si è mai cessato di ricordare e di riflettere. Un lungo appassionato passa parola che oggi ci consente di essere qui insieme, e anche di poter fare oggi passi indietro per ascoltare la voce di altri protagonisti della nostra vita culturale, politica e sociale.
L’incontro con Astrid è stato nell’ordine delle cose e insieme abbiamo lavorato per la realizzazione di questa prima giornata nazionale di mobilitazione e riflessione. Altre seguiranno, se la legge andrà avanti e dovremo insieme preparaci e preparare il referendum.
Per quanto ci riguarda (mi riferisco a noi di LeG), noi siamo animati da un paio di convinzioni. La prima è la seguente: è assurdo aspettarsi uno spirito costituente da chi quotidianamente irride alle leggi dello Stato , da chi non ha rispetto per la storia politica del nostro Paese, quel patto fondato sui valori non negoziabili che ci ha dato decenni di prosperità, di pace e di progresso.
Chi viola il momento sacro del voto, comiziando ad urne aperte, e poi invoca il voto come unico riferimento di un suo incontrollato potere in quello stesso momento tradisce lo spirito della nostra Costituzione. Il secondo punto fermo riguarda un paio di scorciatoie inaccettabili.
Non accettiamo di sentirci dire che il problema della Costituzione è un problema politico secondario. Così come non accettiamo di sentirci dire, da chi non vuole impegnarsi: tanto questa riforma non passerà…e se passasse vinceremo comunque il referendum. Queste voci non ci convincono. Noi continueremo per la nostra strada. Insieme a voi, insieme alla Italia migliore.
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